IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Letti gli atti del procedimento n. 1595/91 r.g. not. Reato;
                              R I L E V A
    1. - Con querela del 7 marzo 1991 la Savaleasing S.p.a., con  sede
 in  Torino,  rappresentata  dal  suo procuratore avv. S. Grandinetti,
 riferiva che non era riuscita a porre in  esecuzione  il  decreto  di
 sequestro  dell'autoveicolo  targato  CS  449082,  Iveco,  mod. 3510,
 emesso dal tribunale di Cosenza in data 20 settembre 1990  in  quanto
 l'ufficiale  giudiziario  non  aveva  trovato  ne' l'intestatario del
 veicolo ne' il veicolo medesimo.
    2. - Con la stessa querela si chiedeva che si  procedesse  per  il
 reato  di  cui  all'art.  10  del r.d.-l. 15 marzo 1927 e che il p.m.
 ordinasse il sequestro del veicolo.
    3. - Con atto del 16 marzo 1991, il p.m.  -  ritenendo  che  nella
 specie  non ricorreva l'ipotesi del sequestro probatorio, dal momento
 che l'eventuale responsabilita' dell'indagato poteva essere accertata
 per via documentale - rimetteva gli atti al g.i.p. ai sensi dell'art.
 368 del c.p.p., comunicando che non intendeva  richiedere  la  misura
 cautelare  del sequestro preventivo ex art. 321 del c.p.p. perche', a
 suo  avviso,  mancava  un  preciso  pericolo   di   aggravamento   di
 conseguenze  connesse  al reato, e perche' a tutela delle ragioni del
 creditore era stato emesso decreto di sequestro da parte del  giudice
 civile.
    A  parere  di  questo  giudice  nel  caso  in  esame  non  si puo'
 effettivamente  parlare   di   sequestro   probatorio,   atteso   che
 l'occultamento  del  mezzo  emerge  per  tabulas  dal verbale di vane
 ricerche redatto dall'ufficiale giudiziario.
    Si deve parlare, allora, di sequestro preventivo,  ed  evidenziare
 che  il  p.m.  ha manifestato la sua intenzione di non richiedere una
 tale misura.
    Alla stregua  degli  artt.  321  e  368  del  c.p.p.,  cosi'  come
 autorevolmente  interpretati  dalla  suprema  Corte  di  cassazione a
 sezioni unite (cfr. sentenza del 9  giugno  1990  in  archivio  della
 nuova  procedura penale Celt, 1990, 405), questo giudice non ha alcun
 potere di adottare la misura del sequestro preventivo, posto  che  il
 p.m.  ha ritenuto di non doverne fare richiesta. L'autorevolezza e la
 completezza della decisione teste' richiamata inducono il  giudicante
 a  ritenere  corretta  l'interpretazione basata prevalentemente sulla
 lettera   della   norma,   ma   a   proporre   una   verifica   della
 costituzionalita'della  norma  medesima,  che  appare sul piano della
 tutela della persona offesa del tutto inadeguata.
    Nella specie:
       a) il privato si e' rivolto al giuidice civile  senza  ottenere
 un  risultato  favorevole,  pur  in  presenza  di un provvedimento di
 sequestro;
       b)  lo  stesso  privato,  rivolgendosi  al giudice penale, deve
 poter sperare di ottenere un provvedimento che -  per  i  mezzi  piu'
 incisivi  di  cui gode la giustizia penale - sia idoneo a far cessare
 quella  situazione  di  illiceita'  (penalmente  rilevante),  che  ha
 impedito  all'apparato della giustizia civile di offrire nel concreto
 la tutela prevista dalle norme in astratto;
       c) in una ipotesi di reato, la cui  procedibilita'  e'  rimessa
 alla  volonta'  del privato, il p.m. non puo' essere arbitro assoluto
 della richiesta del sequestro preventivo, e cioe' di un provvedimento
 che spesso riesce a far cessare una situazione di illiceita' penale e
 a ristabilire l'ordine violato, senza la necessita' di  attendere  la
 sanzione che sara' applicata al responsabile.
    Occorre   consentire   che  la  persona  offesa  querelante  abbia
 possibilita' di formulare una richiesta non solo al p.m., ma anche al
 giudice, che esercita istituzionalmente una  attivita'  di  controllo
 sul p.m. e di garanzia per il cittadino.
    Sarebbe ben strana cosa subordinare l'esercizio dell'azione penale
 alla volonta' del privato (richiedendone la querela e consentendo che
 la  remissione  della  querela  imponga  al  giudice  un  decreto  di
 archiviazione),  e  non  riconoscere  poi   a   questo   privato   la
 possibilita'  di richiedere al suo giudice (e non solo e non tanto al
 p.m. che e' una parte),  che  venga  adottato  un  provvedimento  che
 spesso  da  solo e' risolutivo della questione, ed e' appagante della
 esigenza che ha mosso a presentare una querela.
    Il mancato riconoscimento di questo potere di  richiesta  limitata
 fortemente  o  addirittura  esclude  quella  tutela  di  cui si parla
 nell'art. 24  della  Costituzione,  vista  anche  in  relazione  agli
 effetti che le misure cautelari sono in grado di offrire.
    Da  quanto  sin  qui  detto  sembra  emergere  che la questione e'
 rilevante  perche'  verrebbe  restituito   al   giudice   il   potere
 giurisdizionale,  il  cui  esercizio,  da calibrare volta per volta e
 sulla base delle circostanze  di  fatto  acquisite,  deve  tendere  a
 rendere  effettiva  (e non solo astratta) quella tutela anche penale,
 che la Costituzione assegna ad ogni  cittadino  in  via  immediata  e
 diretta, soprattutto nelle ipotesi di perseguibilita' a querela.